Il figlio di La Russa si è infiltrato tra i giornalisti. E nessuno l’ha riconosciuto
- The Journalai
- 7 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 8 lug
Apache a Milano: scene da una questura d’estate (un lavoro dei cronisti di Giustiziami.it con il condizionatore rotto)

Milano, 67 gradi percepiti, 42 sull’asfalto, 78 nella testa dei giornalisti in attesa sotto la Questura. Un limbo bollente in cui si aspetta la notizia: magari una dichiarazione, magari l’illuminazione divina, magari anche solo sapere chi ha ucciso Chiara Poggi, che ormai è tipo il finale di Lost, tutti ci pensano, nessuno ci capisce più nulla, compresi quelli che dovrebbero.
E proprio mentre i cronisti stanno per fondersi con l’asfalto, arriva lui. Un giovanotto casual-chic, maniche arrotolate, occhi blu e sorriso da chi ha letto La Coscienza di Zeus senza capirlo, ma con convinzione. Parte l’approccio: “Ma venite sempre qui?” Tipo rimorchio da festival di filosofia. “Anche per il caso del figlio di La Russa, eravate qui?” Risposta diplomatica: "Qualcuno sì, qualcuno no" dipende se c’era sciopero ATM.
Lui si sbottona: “È un mio amico. Ma non ho ancora capito com’è andata, quella storia. ”Si riferisce alla presunta combo esplosiva: revenge porn + presunta violenza sessuale. I cronisti, già in modalità podcast, aggiornano: "revenge porn, chiuse le indagini; probabile richiesta di rinvio a giudizio. La violenza? Richiesta l’archiviazione, ma la persona offesa ha fatto opposizione".
“Davvero?” Sì, davvero. Ed è qui che la realtà si svela, come in un romanzo di Agatha Christie se Agatha fosse cresciuta al Bar Basso. Gli sguardi si incrociano. Le connessioni neurali si accendono. Occhi glaciali. Barba spettinata. Capello curato con finto disinteresse. Google Images fa il resto. Non serve l’FBI, bastano tre cronisti.
È Leonardo Apache La Russa. Che fingeva di essere l’amico del figlio di La Russa. Ma era il figlio di La Russa. Plot twist degno di una puntata di Don Matteo con le pistole.
Smascherato, Apache sorride, sincero come un’auto blu in doppia fila: “Ma come avete fatto a scoprirmi?” Facile: quando ti travesti, evita di essere identico a te stesso.
Nel frattempo, fuori dalla Questura compare anche Francesco Chiesa Soprani, già noto per un paio di audio diventati virali nonostante il fatto che col delitto di Garlasco non c’entri una beneamata.“ Passavo di qui”. E prima? “Un’informazione.” Chi non ha mai chiesto un’informazione entrando in Questura, lanci la prima diffida.
Ora, più che stupirci per la scena di teatro architettata dall'Apache, quello che un po stona in questa storia è come sia possibile che i cronisti giudiziari che lavorano tutti i giorni all'interno della procura più importante d'Italia (così si dice), non siano riusciti a riconoscere il protagonista di tutte le prime pagine estive di due anni fa. Va bene la smemoratezza e la distrazione da caldo ma questa storia ci ricorda molto la triste favola di noi giornalisti videomaker quando, in attesa del politico prima delle dichiarazioni, non ci accorgiamo che il politico stesso sta alle nostre spalle a farsi una risata.
C'è però da sottolineare che la versione di Leonardo non coincide totalmente con quanto raccontato sul sito di Giustiziami. Il figlio d'arte infatti assicura che quel giorno stesse andando dal tabacchino con un suo amico e, incrociando un giornalista in via Fatebenefrateli, si fossero avvicinati per chiedergli informazioni sul processo, ma che a chiedere quelle informazioni fosse stato proprio la persona in compagnia di Leonardo e non Leonardo stesso.
Morale della storia? Come sono andate le cose non lo sapremo mai. Ma a Milano fa caldo, la giustizia è lenta, e quando non sai più se stai guardando la realtà o una puntata di Boris, è il momento perfetto per aggiornare il feed di Giustiziami.it
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