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Eravamo noi, Leclerc e un cagnolino. Storia del selfie più discusso a Miami Beach.

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MIAMI - "What's your name, Sir?". Domanda molto comune da fare sei sei il receptionist di un ristorante negli States. Un po' meno comune se davanti a te hai Charles Leclerc che, non avendo prenotato, ti si presenta davanti con fidanzata (la bella Alexandra Saint Mleux) e cagnolino al seguito. Noi siamo professionisti e crediamo nella professionalità, quindi il beneficio del dubbio sul receptionist, sul fatto che abbia fatto quella domanda perché tenuto a farla per tutti gli astanti, e non già per plateale ignoranza, glielo concediamo. La nostra fragorosa risata, sospinta da cinque giri di Miami Vice (rum, succo di fragola e pina colada come se non ci fosse un domani) invece no, lì per lì non ha concesso niente. 


La storia è molto semplice. Siamo in un ristorante nel downtown di Miami, dalle parti di Burlingame island per i buoni intenditori e, tra una portata e l'altra, scendiamo a fumare una sigaretta (qui fumare è sostanzialmente un reato civico). Mentre l'addetto alla sicurezza Mark, un afroamericano sul metro e novanta di puro talento cestistico, ci spiega i migliori campetti della zona, vediamo arrivare una giovane coppia. Lei, vestitino di paillettes dall'approssimativo valore di centordici mila euro e cagnolino in braccio, lui, giovanotto in maglioncino bianco, spalle piazzate, capelli corti e neri come la pece. Si avvicinano all'ingresso e noi strabuziamo gli occhi. Quello è per forza Charles Leclerc, pensiamo. Qui, una nota a margine. Siamo a Miami per seguire il Gran Premio di Formula 1. Lo sport più bello del pianeta, senza ombra di dubbio alcuno. La coppia entra e noi, dispiaciuti, congediamo alla velocità della luce il vecchio Mark che capisce subito: "Yes Sir, you have to go", ci dice mentre letteralmente seguiamo i due all'interno del locale.


Ma qui, la sorpresa. Lontano da qualsiasi onore della casa, Leclerc si dirige verso il bancone della reception dove ci sono un uomo e una donna vestita tipo con sole tre gocce di Chanel. Si avvicina e chiede un tavolo. "Do you have a reservation?". Gli chiede il receptionist. "No, we don't", risponde il nostro talento motoristico. Noi ci intromettiamo, come nel nostro stile, come fa un vero Journalaio all'estero. "Charles, Charles", gli diciamo con il telefono in mano e una faccia di chi ha già bevuto quei sei bicchieri in più ma che deve somigliare più al viso eccitato di un bambino che ha visto il suo supereroe preferito che a quella degli ubriaconi quali siamo. È incredibile quanto l'alcol, a volte, ti riporti alla meglio gioventù.

Lui ci guarda, capisce e annuisce. Noi però siamo davvero sovra-arrapati per il monegasco e ci agitiamo avvicinandoci. Il tizio della sicurezza, non il bel Mark, ma un gorilla di 100 kili e rotti pronto a spaccarti le dita con il soffio di un respiro, ci dice di stare boni. Ma noi, con il nostro delicato menefreghismo rispondiamo, in italiano, "c'è Charles, forza Ferrari, non rompere i coglioni".


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"What's your name, Sir?", eccola la domanda che cambia la serata. Appena il receptionist finisce la domanda esplodiamo in una risata tra il bambinesco e il geriatrico che rompe il silenzio della sala. "Cazzo è Leclerc", diciamo noncuranti della nostra innata maleducazione. Lui, scorgiamo, o pensiamo di scorgere, innalza il labbro quasi a sogghignare della nostra uscita. "Charles Leclerc", risponde al receptionist che prende nota e affida la coppia a un cameriere. Appena Charles si gira per salire al ristorante abbiamo un orgasmo e non lo teniamo più. "Grande Charles, numero uno, vieqquà, Forza Ferrari, grazie di tutto, sei il più forte". E facciamo per farci un selfie. Ma ovviamente, quella volta che devi scattare una fotografia e sei non solo bevuto ma pure ebbro di euforia pre-adolescenziale, mica ti riesce. Provi, ma non sai come si fa. Clicchi con le dita ma non vuole sapere di aiutarti sto cazzo di smartphone. "Faccio io", dice rassegnato Charles con un filo di pietà nei nostri umili confronti. Prende il telefono e con naturale eleganza scatta la foto. Lui esce bello come il sole in Costa Azzurra.


La faccia stanca e preoccupata di chi a sé stesso dice "ma chi me lo fa fare, chi cazzo è sto demente italiano". Noi, usciamo sfocati, brutti, con un ridolino da prima media e un pezzo di agnello ancorato sugli incisivi. Ma va bene così, missione compiuta. Ringraziamo ancora e ancora e ci facciamo da parte. Poi il cameriere chiede qualcosa che non sentiamo a Leclerc. Sembra smarrito e non saper cosa rispondere. Ci facciamo coraggio. "Charles se hai problemi qui a Miami ci siamo noi. Conta pure su di noi". Ci guarda, stavolta malissimo, e procede in sala col cameriere. Restiamo io e i due receptionist. Lei, lo abbiamo detto, nuda o giù di lui. Lui, omone ben piazzato, vestito impeccabilmente. Lo guardiamo, lo scrutiamo. Lui ci guarda e sa perché lo fissiamo. Vogliamo capire se lui fosse stato cosciente o meno chi avesse di fronte. Ma non infieriamo, è l'ora della pietà, anche per chi non prova vergogna di niente. Ci giriamo e saliamo anche noi nel ristorante. Nel corso della serata non vedremo più Charles e forse è meglio così. I figli del vento passano una volta sola e noi, di cuore, non possiamo che ringraziarli. Forza Ferrari, forza Charles. Sempre. 


Di Andrea Lattanzi



 
 
 

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