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Lady Macbeth senza politici conquista la Scala: ma piuttosto che quattro ore in russo i politici hanno scelto l’esilio volontario


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Successo annunciato della Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitri Sostacovic che ha inaugurato la stagione del teatro alla Scala. Opera choc bandita da Stalin all’epoca della sua prima rappresentazione, ma censurata poi anche negli Stati Uniti nel 1935 perché’ accusata di “poro fobia”. Una Prima di Sant’Ambrogio tra eros, potere e censura che quest’anno ha tenuto lontano la politica istituzionale e i vip internazionali e privilegiato le star nostrane come i cantanti Mahamood e Achille Lauro. Come in una sorta di finale di X Factor. Con tanto di alert all’inizio dello spettacolo che avvisava il pubblico che avrebbe potuto rimanere turbato da scene forti e violente.

Non sapremo mai quanti tra gli invitati degli sponsor e del Comune (per lo più compassati) abbiano veramente apprezzato e colto le raffinatezze della partitura del capolavoro di Sostakovic. Né se le più alte cariche dello Stato quest’anno si siano tenute lontane dalla tradizionale Prima scaligera più per il timore delle quasi quattro ore di spettacolo in lingua russa, di subire contestazioni in diretta tv. E’ stato un successo salutato da 11 minuti di applausi e per una volta nessuna contestazione alla regia.


“Allacciate le cinture” aveva rivelato alla vigilia la soprano Sara Jakubiak, che e’ stata la vera trionfatrice della serata, protagonista dell’opera e una specialista nel ruolo di Katerina L’vovna Izmaijova. Alla fine tutto è filato liscio come l’olio. Per la felicità degli appassionati, ma con la disperazione di chi era in cerca di trovare altri spunti per raccontare la serata milanese tradizionalmente più glamour e mondana. Anche perché non ci sono molti altri confronti da fare con altre Lady Macbeth del distretto di Mcensk del regista anche lui russo, Vasily Barkhatov. La bella partitura di Sostakovic, inoltre, non presenta arie con virtuosismi noti al vasto pubblico come quelli delle più celebri opere di Giuseppe Verdi o Giacomo Puccini. Sarà tutt’altra cosa l’anno prossimo anno quando la Scala per celebrare i duecentocinquant’anni dalla fondazione aprirà la stagione con il verdiano Otello. Opera che fa notoriamente tremare i polsi sia ai cantanti più navigati che ai direttori d’orchestra più affermati, che cinquant’anni fa fu la prima diretta televisiva Rai dalla Scala con sul podio il mitico Carlos Kleiber e il fortunato allestimento firmato da Franco Zeffirelli.

Nel foyer, l’assenza di vip internazionali quest’anno ha lasciato a bocca asciutta chi cercava qualche gustoso scoop. Nel consueto assedio di telecamere e fotocineoperatori in cerca disperata di qualche commento più o meno pertinente sullo spettacolo. Da segnalare quello memorabile di Gigi Marzullo: “La musica salverà’ il mondo”. Vista l’assenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di quello del Senato Ignazio La Russa e della premier Giorgia Meloni, al sindaco di Milano Beppe Sala nel palco delle autorità non è restato altro che fare gli onori di casa al ministro della Cultura Alessandro Giuli,al sottosegretario Gianmarco Mazzi.Lo stesso che per anni è stato prima il direttore artistico del Festival di Sanremo e, più di recente, il king maker della nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale del teatro La Fenice di Venezia contestatissima dalle maestranze di quel teatro. Nel palco anche Liliana Segre. Fuori dal teatro la protesta dei Cub e dei Propal.

Una Prima sotto tono. Con molti attori in smoking (Pierfrancesco Favino e Giorgio Pasotti) e mise prevalentemente nere per le signore. A ricordarci che tutto sommato il mondo non sta vivendo un momento allegro. Buona la prova di orchestra e coro e di tutto il cast. Chi ha perso la diretta su Rai uno e Radiotre può sempre recuperare lo spettacolo sul podcast di Rai play, ma anche vederlo dal vivo. Ci sono repliche fino al 30 dicembre e la vera sorpresa è che il sito scaligero rivela che ci sono posti ancora disponibili per tutte recite. Anche questo un segno dei tempi.

di Andrea Montanari

 
 
 

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