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Zuppi consacra Prodi: “Lui è il vero cardinale! Ormai s’è fatto cinese!”

Aggiornamento: 3 lug



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Zuppi consacra Prodi: “Lui è il vero cardinale! Ormai s’è fatto cinese!”

Dalla via della Seta all’Università di Pechino.



Sembra un mondo parallelo, ma è successo veramente. Bologna, festival 'Repubblica delle Idee': il cardinal Zuppi avvista Romano Prodi dietro le quinte e lo accoglie con un’esclamazione da teatrino vaticano: “Lui è il vero cardinale! Ormai s’è fatto cinese!”

Sì, avete capito bene. “Quando sei tornato?”, rincara Zuppi, come se l’ex premier fosse appena atterrato da una tournée diplomatica in salsa agrodolce.

Due mesi molto interessanti… ne parliamo dopo”, taglia corto Prodi, provando a troncare la conversazione.

“Volentieri”. E giù sorrisetti da spogliatoio sinodale.


Gli scatti che immortalano l'incontro: “Lui è il vero cardinale! Ormai s’è fatto cinese!”
Gli scatti che immortalano l'incontro: “Lui è il vero cardinale! Ormai s’è fatto cinese!”

Ma cosa ha combinato davvero il Professore all’ombra della Città Proibita? E cosa intendeva Don Matteo con quel “s’è fatto cinese”? Scherzava? Alludeva? O, come da tradizione clericale, diceva la verità travestita da battuta?


Fatto sta che entrambi, Prodi e Zuppi, con la Cina ci vanno a braccetto da un pezzo. Il primo ha aperto varchi diplomatici quando si usava ancora il fax e lui era al suo primo mandato da presidente del Consiglio. Il secondo, da quando Papa Francesco gli ha consegnato il passaporto della pace, ha cominciato a fare da tramite fra la Santa Sede e Pechino: nel settembre 2023 varcava i confini della Repubblica Popolare per parlare con Li Hui, inviato speciale cinese per gli affari eurasiatici, di grano, guerra e miracoli geopolitici. Il dialogo proseguì anche telefonicamente nell’agosto 2024, segno della solidità del canale diplomatico aperto. Un evento eccezionale: mai prima d’allora un emissario del Papa era stato accolto ufficialmente a Pechino per parlare di questioni politiche.


Magari, il ‘quasi’ pontefice Zuppi, alludeva alle recenti affermazioni di Prodi che nel 2025 invocava “una politica di collaborazione fra Europa e Cina per evitare il collasso dell’economia mondiale” denunciando al contempo la “muraglia atlantista dell’occidente, volta ad isolare Pechino attraverso la guerra dei dazi e i rapporti con Mosca”.


La raccolta degli articoli scritti da Romano Prodi sul suo blog personale (http://www.romanoprodi.it) e riportati su Il Messaggero
La raccolta degli articoli scritti da Romano Prodi sul suo blog personale (http://www.romanoprodi.it) e riportati su Il Messaggero

Oppure, più semplicemente, si riferiva al fatto che fosse divenuto il primo presidente della Cattedra Agnelli di Cultura Italiana, inaugurata a Pechino il 9 novembre 2024, alla presenza pomposa del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il presidente onorario del forum filantropico Cina-Italia, Pier Ferdinando Casini e il presidente di Exor, John Elkann.

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Che si parlasse di geopolitica tra Via della Seta e patto atlantico o di studi umanistici, difficile dirlo. Ma ad alimentare il mistero ci ha pensato lo stesso Mattarella, che tra un incontro istituzionale con Xi Jinping e l’altro, ha trovato il tempo di intervenire all’inaugurazione della cattedra di Prodi, sottolineando la “sintonia e convergenza di valutazioni, multilateralismo e apertura nelle relazioni economiche” con il presidente cinese. Nella sua Lectio Magistralis all’Università di Pechino, il presidente Mattarella ha addirittura esortato “ad aumentare gli investimenti cinesi in Italia e rimuovere le barriere che frenano il Made in Italy”.


Insomma, se son rose fioriranno. Ma quella cattedra rotativa, assegnata al buon Prodi nella primavera 2025, sembra più un intreccio accademico-diplomatico dove formazione e politica estera si danno del tu.


Chissà cosa penserebbe oggi il fondatore de L’Ulivo delle sue stesse parole pronunciate nel 2010, mentre insegnava alla China Europe International Business School (Ceibs): “Se non ci si comprende profondamente dal punto di vista culturale, non si riescono nemmeno a fare affari di lungo periodo.”

dichiarazioni di Prodi nel 2010 e viaggio in Cina di Prodi nel 2006
dichiarazioni di Prodi nel 2010 e viaggio in Cina di Prodi nel 2006

Visionario? Forse. O forse semplicemente consapevole che nel frattempo l’Alleanza Atlantica ha cominciato a scricchiolare: dal “pivot to Asia” di Obama, durante il suo secondo mandato, agli attacchi frontali di Trump, che ha minacciato l’uscita degli USA dalla NATO e accusato gli alleati europei di non pagare abbastanza per la difesa comune, mettendola in discussione in caso di attacchi.


E mentre le capitali occidentali congelavano i rapporti con Pechino, Prodi affinava la sua arte diplomatica in terra cinese.


Già nel 1997, da presidente del Consiglio, faceva rotta su Pechino con il ministro Augusto Fantozzi e una folta delegazione per discutere relazioni bilaterali e interessi comuni.


Missione replicata nel settembre 2006 con una spedizione titanica: oltre al presidente del Consiglio, andarono quattro ministri - Bindi, Bonino, Di Pietro e Mussi - un viceministro e tre sottosegretari; 26 associazioni industriali, 20 banche, 450 imprese di dodici regioni, della CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), Confartigianato e Confapi, guidata dagli allora presidenti di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, quello dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), Corrado Faissola, e da quello dell’Ice (Italian Trade Agency), Umberto Vattani; l’incontro con Hu Jintao e Wen Jiabao fu la ciliegina sulla torta.


Sarà la più grande missione istituzionale e imprenditoriale mai organizzata -  incensava il Prof da Palazzo Chigi -. Il Bel Paese va in Cina con una strategia politica, economica e culturale nuova. La Cina è una sfida, un’opportunità per l’Italia e per l’Europa”.


La campagna puntava a firmare accordi strategici, commerciali, industriali, culturali. E se qualcuno la bollò come ‘bluff ’, i risultati si fecero comunque vedere: collaborazioni concrete, nuove prospettive per il Made in Italy e un legame più saldo tra Italia e Cina.


Nel 2017, Prodi tornava a tenere tre lezioni alla Peking University su Europa post-Brexit, nuovi equilibri globali e legame tra Cina, Mediterraneo e Quarta Rivoluzione Industriale.

Il Prof Prodi durante una delle sue lezioni
Il Prof Prodi durante una delle sue lezioni

Insomma, tra conferenze, lezioni in inglese, (ci sarebbe piaciuto sentirle in mandarino), diplomazie parallele e investiture simboliche, Prodi sembra davvero aver traslocato culturalmente a Oriente.

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Ecco forse perché quella battuta di Zuppi suona come una rivelazione più che una boutade: “Ormai s’è fatto cinese!”

Ma cosa voleva dire davvero il cardinale? Solo un’uscita affettuosa tra vecchi compagni in missione? O un’allusione a legami più profondi, a connessioni che sfuggono ai riflettori?


Una cosa è certa: che Prodi si sia fatto cinese non possiamo saperlo. Ma se non è Zuppi…è zuppa riscaldata in una partita globale che si gioca tra cattedre, cattedrali e capitali, dove ogni parola pesa. Anche quelle dette sottovoce.


Di Edoardo Bianchi


 
 
 

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